Nessuno mi puo’ aiutare

Centro di Cure Niruàl

02
FEB

Una delle percezioni più forti del malessere e’:
sentirsi soli.

La sofferenza, se c’è, è nostra, ci identifica.
Quando proviamo un dolore, una perdita importante, di una persona, di un’immagine, di un progetto, del nostro intero mondo, percepiamo la realtà, gli altri, distanti, realtà parallele irraggiungibili al nostro cuore affranto.

Difficile stare accanto, dare sostegno psicologico a chi è in lutto senza rischiare di banalizzare, invadere, presumere, interpretare, quando la persona che vive il dolore  necessita  di  rispetto, silenzio, ascolto.

I tempi dell’animo umano, delle sue trasformazioni, quelle profonde, sono lunghi. Il modello medico psichiatrico incasella il tempo del lutto normale entro un tempo di sei mesi, oltre il quale scatterebbe l’allarme per una elaborazione non normale della perdita.

La vita ci provoca e noi rispondiamo

Ognuno di noi cerca e deve rispondere alle provocazioni della vita. Questa è la più grande nostra facoltà, garanzia dell’evoluzione. Siamo chiamati a un continuo adattamento che attiva le risorse nascoste dentro di noi.
Qual è allora il problema? In molte persone la struttura edificata per stare in piedi nella vita potrebbe risultare troppo rigida, poco solida, o entrambe le cose. Esistono momenti, e si chiamano appositamente crisi che significa “rottura”, in cui lo schema di risposta agli eventi non funziona più, l’attrezzo, il meccanismo di salvaguardia della nostra integrità si spezza. Stiamo male.
Tra le competenze verso l’autonomia, sembra paradossale, ma c’è proprio la capacità di chiedere aiuto, selezionando con cura la direzione in cui farlo. Nessuna persona dotata di buon senso si azzarderebbe a usare un cacciavite per tagliare un tessuto pregiato, o dissodare un terreno con un rastrello.

Quando il malessere è importante, l’opportunità di crescita è proporzionale.

Per attuarla bisogna far fatica, tanta.

“Tra le competenze verso l’autonomia c’è proprio la capacità di chiedere aiuto, selezionando con cura la direzione in cui farlo.”

Le fasi: da bruco a farfalla

Le fasi, senza intenti di schematismi, possono essere:

  • malessere crescente
  • disorientamento
  • fallimento del copione conosciuto
  • senso di inefficacia, svalutazione di sé (crisi)
  • rottura di uno o più schemi di rappresentazione di sé e del mondo
  • apertura al nuovo (nuova immagine di sé e della realtà)
  • messa in gioco del nuovo (upgrade)
  • ulteriore equilibrio potenziato

Una base sicura

Affinché questo processo possa andare a buon fine, senza bloccarsi in una o più fasi, occorre innanzitutto un rapporto con se stessi buono, detto in termini psicologici, una base sicura. Se questa non è sufficientemente solida, risulterà difficile la ristrutturazione della casa a più piani che ognuno di noi gestisce.

Che cosa ci lascia incagliati, nel disperato tentativo di far funzionare un giocattolo ormai rotto? Questione di…fede!

Credere possibile un mondo diverso rispetto a quello cui siamo abituati, adattandoci spesso al ribasso, è la più concreta prova di fede per ciascuno. Credere che noi siamo più dei nostri meccanismi di difesa, dei nostri accomodamenti e compromessi, dei nostri timori e dei nostri attaccamenti, ha a che fare con quella dimensione che alcuni chiamano Spirito, o Essere.

Ogni cura, ogni terapia, artistica, naturale, olistica, palliativa o causale si rivolge a questo livello.

Lì tutto è possibile, da qualsiasi territorio ognuno provenga, quale che sia la fase da attraversare. Questo patrimonio comune, seppur nascosto dall’inconsapevolezza dei più, è ciò che permette ogni trasformazione, ogni passaggio evolutivo, preparando anche la transizione dalla dimensione fisica a quella immateriale.

Quindi sì, è proprio vero: nessuno mi può aiutare. Se non converto in me stesso la percezione di limite, d’impossibilità, di rassegnazione, di rinuncia a rispondere, nessuno, anche il più potente spirito, può raggiungermi. Nel buco nero dove mi nascondo posso credermi irraggiungibile, se non fosse che la realtà risulta totalmente interconnessa, ed io non potrei mai uscire da questa amorevole rete, ma solo rinunciare a riconoscerla.

Rosanna Scancarello
Centro di Cure Integrate Niruàl

 

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